Quando il Personal Computer entrò nelle nostre vite, non era “intelligente”: sapeva fare calcoli e operazioni incredibili, ma solo se l’utente sapeva interagire con precisione.
Chi aveva metodo e conoscenza ne sfruttava le potenzialità; chi no, lo usava a malapena all’1% .
All’inizio, senza programmi adeguati, molti uffici lo trattavano come una macchina da scrivere costosa “per far scena”.
Poi sono arrivati software e applicazioni sviluppati da chi sapeva leggere le potenzialità del PC, rendendolo utile anche a chi non aveva grandi competenze, grazie all’automazione di piccoli compiti.
Oggi, con l’IA generativa, siamo allo stesso punto.
Chatbot e modelli come ChatGPT non pensano davvero: sotto c’è sempre una CPU, un PC che elabora calcoli.
La differenza la fa la qualità dell’interazione:
una persona preparata e con idee chiare ottiene risultati straordinari;
una persona confusa o superficiale otterrà risposte altrettanto confuse e superficiali.
L’IA non è magia: è un moltiplicatore.
Se sei intelligente, diventi più veloce ed efficace.
Se sei disattento, acceleri solo errori e fraintendimenti.
Morale: non basta avere uno strumento potente, serve saperlo guidare e comprenderlo per sfruttarlo appieno … non esserne inglobati.
Come ieri con il PC, oggi con l’IA la regola resta la stessa:
il vero valore è nell’intelligenza umana che la muove.
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